Era l’estate del 2006, dopo un periodo di sperimentazione nella prima azienda che avevo fondato, avevo deciso iscrivermi ad una Summer School sul Design Thinking a Stanford per andare un po’ più a fondo nel mondo del design e del pensiero progettuale. Quando tornai ero pronto a fondare Sketchin.

— Luca Mascaro

https://s3-us-west-2.amazonaws.com/secure.notion-static.com/f2b6e68e-281b-4ba5-bce8-473d5e062da8/timeline.storia.handbook.jpg

Facciamo un passo indietro

Sono cresciuto a fantascienza, videogiochi e fumetti. In essi vedevo la tecnologia agire come una magia: astronavi, robot e persone che li pilotavano come se fossero l’estensione naturale del loro corpo. Allo stesso modo, ero affascinato dall’idea di creare cose nuove, sperimentare, progettare, così come vedevo fare nel mondo dell’architettura e del design. Volevo dare forma al futuro. Per queste ragioni durante la mia formazione mi sono concentrato sulla progettazione e sulla creazione di interfacce nel mondo del web e del multimedia.

Un giorno guardando Ghost in the Shell di Mamoru Oshii, sono rimasto folgorato dal confronto dei due protagonisti sul tema dell’esperienza e da come sia questa a definire l'essere. È un film che continuo a vedere e rivedere e in cui trovo sempre una nuova profondità a seconda del livello di ragionamento a cui sono giunto.


Ero convinto che fosse possibile correlare l’aspetto emotivo e comportamentale dell’utente finale con quello progettuale.

Oltre allo user centered design

È partendo da questa suggestione che ho cominciato a interrogarmi sul tema dell’esperienza.

In un convegno a Londra nel 2004 sentii per la prima volta la parola User Experience, e compresi che la mia crescente insofferenza nei confronti dei limiti dello User Centered Design era condivisa da molti. Provai a portare questo approccio in Phiware, l’azienda in cui lavoravo e che avevo fondato.

All’epoca ci occupavamo di soluzioni innovative per il mondo bancario e assicurativo e la nostra missione era portare in quel contesto, così conservatore e rigido, interfacce semplici come quelle di Google.

Avevamo il mito della semplicità. Ma non era ancora abbastanza, sentivo che era possibile spostare l’asticella un po’ più avanti. Così nell’estate del 2006 decisi di intraprendere un viaggio a Stanford, mi affascinava la prospettiva - allora piuttosto inedita in Europa - del Design Thinking.

Tornai, e nella cornice del Festival del Cinema di Locarno mi dissi che almeno dovevo provare a seguire questa intuizione: lavorare e progettare per l’esperienza delle persone, partendo proprio da quello che desiderano, vivono, ricordano. A settembre vendetti le mie quote di Phiware.